Le cinque fasi

Nessun racconto di fantasia questa volta. Voglio scrivere un saggio su una tematica alla quale bene o male tutti quanti ci ritroviamo a sbattere il muso. La perdita. Volevo iniziare a parlare delle cinque fasi del cordoglio, che la psicologia moderna associa ad un lutto, per poi traslare il concetto ad un respiro più ampio. Perché che lo vogliamo oppure no, queste cinque specifiche fasi le affrontiamo anche in tanti altri contesti, sicuramente più risolutivi rispetto alla morte, ma che in ogni caso ci creano profondi disagi. Ma ne parleró più avanti. Per arrivarci devo prima citarvi le cinque fasi del cordoglio.

La prima fase è la negazione e consiste nel totale rifiuto psicologico di ciò che è accaduto. La cosa non é contemplata e di conseguenza rigettata. Una persona può mantenere con noncuranza le stesse medesime abitudini che aveva prima, come mettere il piatto in tavola anche se non c’è piu il commensale.

La seconda fase è il patteggiamento. Si inizia a fare un po’ i conti con se stessi ma in maniera disillusa e quindi nasce un infondato barlume di speranza. Non c’è ancora nessuna presa di coscienza. È la fase dove ci raccontiamo un sacco di stronzate per avere la sensazione di avere il controllo.

La terza fase é la rabbia, finalmente la psiche prende atto dell’accaduto e questo sfocia in collera. Nessuno è risparmiato. Neanche il defunto stesso: “perché mi hai lasciato da solo!!”. Svanisce ogni tipo di speranza e si è alla perenne ricerca di un responsabile. La furia può abbattersi sul medico o sulla malattia o su ciò che l’ha provocata. È la fase “paradosso”. Ora sappiamo tutto, ma non sappiamo niente.

La quarta fase è la depressione ed è la fase con la durata X. Mentre le altre bene o male hanno una tempistica abbastanza definita per la loro conclusione, questa no. Dipende dalla forza del singolo individuo. Ormai giunti allo stremo delle forze e della totale presa di consapevolezza ci abbandoniamo nell’oblio. La vita diventa priva di significato. Così come il futuro; non vi è più alcun progetto. La tristezza è padrona e si vive con la domanda: “che ne sarà di me adesso”?

La quinta e agognata ultima fase è l’accettazione. La notte é più buia poco prima dell’alba. La persona grazie al tempo impara lentamente ad accettare che le cose non si possono cambiare, si accorge che ogni tanto torna a sorridere e sente che c’è ancora speranza per la sua vita. Resta il ricordo. Indelebile. Che all’inizio ci fa ancora piangere, ma poi sorridere con nostalgia.

Queste cinque fasi sono associate al cordoglio; ma quante volte le utilizziamo per un concerto più generico di perdita senza rendercene conto? La perdita di un caro amico, di un amore folle, di un lavoro appassionato. Posso farvi decine di esempi. E inconsciamente il percorso è quasi il medesimo.

Io resto ancora in attesa delle cinque fasi della felicità. E voi?

Lorenzo Peduto per Tantipensieri

immagini dal web

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