La storia che non c’era

Michele si svegliò dal suo torpore e la storia non c’era. Eppure era lì, appoggiata da qualche parte ne era certo. Si sfregó gli occhi un paio di volte nel tentativo di mettere a fuoco la stanza illuminata solo da una flebile lampadina che pendeva immobile dal soffitto.

Il letto era sfatto, c’era odore acre di tabacco e alcol scadente e lui aveva perso totalmente la cognizione del tempo. Si ricordava solo con estrema precisione di aver letto una storia, scritta su di un foglio di carta bianco anonimo. Aveva un inizio un po’ enigmatico, si, quello lo ricordava bene, il resto era solo sfondo.

Non ricordava nulla, né l’autore né il finale della storia. Però l’aveva letta. Era sicuramente da qualche parte.

Il ventilatore non faceva altro che spostare aria calda per la stanza dando per pochi secondi una lieve sensazione di benessere. Troppo breve. Durevole come un’estate spumeggiante per un alunno delle medie.

Cercó ovunque; partendo dal pavimento, al letto, alla scrivania, passando per le mensole impolverate. Non c’era. Divenne un ossessione. Era così banale quella storia ma di chi era? Come terminava? Quanto tempo era passato?

Prese in mano una birra e se la scoló d’un fiato anche se era calda. Da quella ne susseguirono molte altre. Il cestino era già pieno per metà e finì per colmarsi del tutto.

Sfinito e in preda agli effetti dell’alcol si sedette sulla scrivania, prese un pezzo di carta e una penna. Inizió a scrivere, alla ricerca affannata di qualcosa che potesse colmare l’affanno del suo cuore.

Solo quando finì di farlo e pose il punto fermo alla fine della frase capì dov’era la storia. Ce l’aveva proprio tra le sue dita. Si accasciò sulla scrivania.

Michele si svegliò dal suo torpore e la storia non c’era.

Lorenzo Peduto per @tantipensieri

immagini dal web

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