La camicia bianca

Hai sporcato la mia camicia bianca: non l’ho mai indossata, certo, ma ho creduto al candore della tua.

Le note del primo giro in moto hanno accompagnato tutto il funerale, arriva sempre la fine, c’era da aspettarselo, verrebbe da dire. Non dico nulla, invece. Le tue convinzioni hanno vinto, sono state più forti delle mie risa; la paranoia è solo un’innocua conseguenza.

Guardo la tua camicia bianca: come una colomba vola tra i pensieri fasulli. Non c’è niente di vero se non quello che resta. Avevo perso la testa, ma non è stato abbastanza. I tuoi credo sono stati migliori dei miei vestiti più belli e anche delle mie piccole mani.

Le ragioni, ah sì, le ragioni! Andrebbero spiegate se solo si potessero capire, ma un baratro e un coperchio non si incontrano, forse solo una sera d’estate.

Che cosa surreale, ci siamo lasciati. Il tuo “ti amo” verrà pagato a peso d’oro da qualcun altro, non ho avuto abbastanza monete da darti.

Diremo che non ci siamo incastrati, è una buona motivazione, allevia le coscienze e spartisce le colpe. A ognuno sembrerà di aver dato a sufficienza, di aver fatto il giusto, con costanza di averci provato. Tornerai alla tua vita, quella che mi hai preferito. Studierò qualcos’altro.

Brinda pure, adesso. Attento solo a non sporcare la tua camicia bianca.

Alessandra Corbetta

www.alessandracorbetta.net

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