Complice di omicidio

Il treno ad alta velocità sfrecciava sui binari, Amy guardava attraverso il finestrino, tutto sembrava scomparire velocemente dalla sua vista. Dal vetro guardò il riflesso del suo volto: era stanca  e pallida, l’ultima discussione con il suo fidanzato, ora ex, l’ aveva portata allo sfinimento. Aveva deciso di rompere quella storia che durava da 3 anni, non ce la faceva ad andare giù e su per l’Italia 1 volta al mese, alla età di 31 anni voleva un luogo stabile e mettere su famiglia, invece a lui stava bene la situazione, aveva sempre evitato di parlare di matrimonio, anzi le diceva che il solo pensiero gli faceva venire l’orticaria. Amy pensò che aveva optato per la scelta migliore,  era doveroso per lei ricominciare. Per fortuna c’era Lory ad aspettarla a casa, non avrebbe sopportato il silenzio delle mura domestiche, aveva bisogno di parlare e di sfogarsi. Guardò l’orologio, ancora due ore e sarebbe arrivata, decise di chiudere gli occhi perché le bruciavano, la mente ritornò indietro nel tempo.
 
“Perché non ci sposiamo?” Posso trasferirmi io da te se non ami la mia città, provò a dire Amy  pur conoscendo già la sua risposta. “Di nuovo la stessa storia”? Pensavo di essere stato chiaro l’ultima volta”, le rispose Alfred nervoso. “Cos’ hai?” gli chiese accarezzandogli il braccio e guardandolo dolcemente. “Nulla sono stanco” si scosto’ da lei e andò in bagno. Amy guardò l’immagine di lui scomparire dietro la porta e pensò che non avrebbe voluto vivere cosi il resto della sua vita, lui non avrebbe cambiato idea, questo lo sapeva. Sospirò, il suo sguardo si posò sulla valigetta 24 ore che Alfred aveva appoggiato accanto al divano appena entrato, era aperta e dal taschino frontale si intracedeva un biglietto del treno. Incuriosita si avvicinò per prenderlo ma la presenza di Alfred, di nuovo nel soggiorno, la fece desistere perchè sapeva che lui non amava essere controllato e non amava le domande. Alfred, come se le avesse letto nel pensiero, si avvicinò alla valigetta e la chiuse con uno scatto secco. “Giornata pesante”? Amy cercava un appiglio di conversione ma lui rispose solo affermativamente, poi prese una birra dal frigo, la aprì e bevve a canna. Amy lo vedeva assorto nei suoi pensieri, sapeva che c’era qualcosa che lo disturbava, riprovò dolcemente: “Alfred  cosa c’è che non va? Posso aiutarti in qualche modo?” Alfred continuò a bere come se lei non avesse parlato, poi posò la bottiglia in malo modo sul tavolo, si girò verso di lei e le disse: “Ecco perché non voglio nè sposarmi nè convivere, troppe domande fate voi donne, sapete solo incasinare la vita ad un uomo”. Per Amy fu una doccia fredda: “Ma io volevo solo..” non riuscì neanche a finire la frase, Alfred era uscito. Tornò molto tardi, a mezzanotte passata, Amy era sveglia ma fece finta di dormire, avrebbe voluto chiedergli dove fosse stato e se avesse gia mangiato ma, vista l’ultima discussione, preferì tacere. Lui si mise a letto e si girò sul fianco, dopo poco Amy sentì un lieve russare. Sentì le lacrime pungerle gli occhi, a lui non interessava se lei avesse mangiato o no, se si fosse sentita ferita o no, era solo lei che coltivava la loro storia, solo lei la premurosa. Alfred non si sarebbe mai sposato con lei, non avrebbe mai convissuto con lei perchè Alfred amava solo se stesso. Decise di porre fine a quella storia l’indomani stesso.
 
La voce del capotreno che annunciava l’arrivo in stazione la svegliò, prese la valigia e scese dal treno, si mise in coda e, quando fu il suo turno, prese il taxi. Non vedeva l’ora di abbracciare Lory ma, quando entrò nel suo appartamento, l’ accolse solo il silenzio che tanto temeva. Lory non era in casa, nessuna presenza e nessuna risposta. La chiamò al cellulare ma nulla. Prese il doppione delle chiavi e si recò da lei. Dopo aver parcheggiato, entro nell’androne ma l’ascendore era ccuato, optò per le scale. Arrivò con il fiatone e suonò ma, non ricevendo risposta, aprì la porta. Le chiavi le caddero per lo spavento, il suo urlò eccheggiò nel silenzio della stanza: Lory era accasciata sul divano con gli occhi sbarrati, aveva la testa piegata da un lato, il collo livido, stretto da un foulard, sembrava guardasse verso di lei e le sorridesse. Indossava una camicia da notte e aveva una ciabatta sola, l’altra si trovava davanti al divano ma distante dal piede nudo. Non sopportando oltre quella vista, prese le scale di corsa senza accorgersi che le sue urla avevano attirato l’attenzione dei condomini che avevano apertole porte del loro appartamento. Scendeva le scale cosi velocemente che le sembrava di volare, all’improvviso sentì un dolore lancinante alla caviglia e poi più nulla.
 
“Amy, Amy”,  le sembrava la voce di Alfred ma non poteva essere lui, forse lo stava sognando, forse sognava la carezza che sentiva in quel momento sul suo braccio. Aprì gli occhi e si accorse che non stava sognando, Alfred era lì, accanto a lei. “Cos’ è successo”? gli chiese con voce roca. “Hai una caviglia rotta, sei caduta e ti hanno portata qui”. “Lory, Lory è. .” non riuscì a finire la frase. “So tutto, non pensarci ora, andrà tutto bene”. Mentre la rassicurava, il ricordo del penultimo incontro tra lui e Lory riaffiorò:
 
“Alfred il figlio che sto aspettando è tuo, non puoi far finta di nulla, dovrai dirlo a Amy perché prima o poi verrà a saperlo”. “Lory io non voglio figlio, la scelta di portare avanti la gravidanza è tua, non voglio far parte della tua vita e della vita di questo bambino, ora mi hai stancato, già volevo rompere con te, un motivo in piu per farlo”, si diresse verso la porta. “Dirò tutto ad Amy, le dirò la verità, le dirò che l’hai sempre tradita con me e che il figlio è tuo”, gli urlò alle spalle. Lui si girò lentamente e le puntò un dito: “Io ti ammazzo, fai attenzione, non scherzare con me”, se ne andò e la lasciò da sola nella stanza con i suoi pensieri e le sue paure.
 
A questo ricordo ne seguì un altro, quello del loro ultimo incontro:
 
“Ci vediamo verso le 11 da te”., gli ordinò Alfred per telefono. “Amy non è da te? Cosa le dirai”? chiese Lory .
“Le dirò che per motivi di lavoro devo partire domani mattina presto e che tornerò  la sera tardi, lasciami la porta del garage aperta”, riagganciò senza darle nemmeno il temo di salutarlo. Il giorno dopo il treno arrivò puntale, Alfred trovòla porta del garage aperta e salì fino alla porta secondaria, prese le chiavi dal solito posto e aprì la porta. Lory era in camicia da notte e stava bevendo il caffè, non si accorse di lui, d’istinto prese un foulard che era appoggiato sul divano e le si avvicinò. Accadde tutto  così in fretta, solo inizialmente Lory aveva provato a scalciare ma l’unico risultato fu il volo di una ciabatta. Quando si accorse che era esanime, la depose sul divano, mise a soqquadro la casa, ruppe il vetro della porta secondaria e se ne andò. Nessuno lo avrebbe riconosciuto perchè  i baffi finti, gli occhiali da sole e la parrucca alteravano la sua identità. Tornò da Amy quella sera stessa e per poco non era stato scoperto, aveva lasciato imprudentemente la sua 24 ore aperta e si era accorto che Amy fissava il biglietto. Nonostante il pericolo scampato,  c’era stata comunque la lite e la separazione il giorno successivo.
 
Alfred, al capezzale di Amy, si concentrò sulla diversita caratteriale della due ragazze: Amy molto dolce e paziente, Lory un’  arrivista senza scrupoli. Decise di darle un bacio e lasciarla riposare, inoltre anche lui aveva bisogno di dormire, la sua mente era continuamente attiva.
Il giorno Alfred trovo Amy con Paul, un ragazzo amico delle due donne. Paul le teneva la mano mentre lei piangeva, di sicuro si era fatta raccontare da Paul che Lory era stata portata in ospedale per l’autopsia. “Che succede”? chiese Alfred sfiorandole velocemente le labbra. “Lory era incinta” disse Amy, ad Alfred mancò il respiro, sapeva che si sarebbe scoperto con l’autopsia ma non pensava cosi presto. “Gia ci sono i risultati dell’autopsia”? chiese Alfred cercando di nascondere il suo turbamento. “No”, intervenne Paul, “gliel’ ho detto io”. “E come hai fatto a scoprirlo”?, si accorse della gaffe  e cercò di riparare “cioè come facevi a saperlo”? chiese Alfred. “Lo so perché il figlio era mio”, disse Paul guardandolo negli occhi. Alfred sentì le gambi molli e dovette sedersi. “Che ti prende”? gli chiese Amy tra i singhiozzi. “Nulla, sono sconvolto, tutto qua”, le rispose Alfred e pensò che invece era vero, era proprio sconvolto. “Non capisco perché non mi abbia detto nulla, siamo sempre state molto legate, perché me l’ ha tenuto nascosto, tra noi non ci sono mai stati segreti”, stava dicendo Amy, Alfrid si impose di prestare attenzione a quella conversazione. Paul continuava a tenerle la mano e Alfred provò una sorta di fastidio piu che gelosia ma non doveva commettere il minimo sbaglio, non doveva fare una delle sue solite sfuriate. La salutarono dopo un paio d’ore: “Hai la macchina”? gli chiese Paul. “No, prendo un taxi” , rispose Alfred sperando in un’ offerta che arrivò subito:” Sali, ti do un passaggio”, gli disse infatti. “Cosi stai per diventare papà ” gli chiese Alfred con noncuranza mentre prendeva posto sullato passeggero, “non sapevo che stavate insieme”. “Infatti non stavamo insieme”, di fronte allo sguardo di domanda di Alfred continuò: ” siamo usciti una sera perché Lory era da sola durante uno dei week end che Amy era da te e abbiamo bevuto piu del solito, la gravidanza è stata il conto da pagare”. “Tu come hai saputo della morte di Lory? Quando mi hai chiamato per avvisarmi non ho avuto tempo dichiederti nulla”. Paul rispose: “Ho una zia che abita in quel palazzo e subito mi ha contattato, comunque in poco tempo la notizia si è sparsa”. “Cos’è successo secondo te”? chiese Alfred. “Non saprei, qualcuno pensa che avesse un ammiratore misterioso, un uomo segreto ma sono solo dicerie, nessun riscontro nella realtà”. Percorso il resto del tragitto in silenzio. 
 
Amy era tornata a casa sua, era stata operata e camminava anche se con l’aiuto delle stampelle. Aveva deciso di non riprendere la relazione con Alfred, voleva restare da sola. Ora era a casa di Lory con Paul, stavano sistemando le sue cose, ogni oggetto che metteva nello scatolone era un colpo al cuore. Per la sera fu tutto sistemato, da aprire restava solo una piccola cassaforte di cui solo lei, oltre a Lory, era a conoscenza della combinazione. Trasse fuori delle scatoline con oggettini d’oro e poi una busta con una lettera . Amy la aprì:
 
“Cara Amy, se stai leggendo questa lettera significa che io non sono piu in vita. Devo confessarti un segrato anche se so che ti farà soffrire: ho avuto una relazione con Alfred, aspetto un figlio suo, un figlio rinnegato ancor prima di nascere. Mi dispiace darti questo dolore ma non so nemmeno io come sia potuto succedere, mi sono innamorata di lui ma io per lui non sono stata  che una delle tante, proprio come te. Alfred è un dominatore maschilista, non fa per te. Fai attenzione a Paul, non è migliore di Alfred, dice di essersi invaghito di me ma di fronte al mio ennesimo rifiuto è diventato violento, non può definirsi uomo chi alza le mani su una donna. Gli ho detto di aspettare un figlio ma non gli ho rivelato la paternità, è diventato violento, mi ha strattonata per i capelli e mi ha fatto cadere. Mj ha lasciato dolorante, incurante della mia gravidanza. Sono appena tornata dal ps, ho detto di essere caduta, il bambino sta bene. Qualora dovesse succedermi qualcosa, indaga su Alfred e su Paul.
Perdonami, se puoi.
 Lory”
 
Finiva così la lettera che Lory le aveva scritto, era consapevole che la sua vita era a rischio. Le mani le tremevano mentre ripiegava la lettera, era sconvolta, aveva scoperto troppe cose tutte assieme. Paul apparve sulla soglia della stanza:” Ho chiuso tutti gli scatoloni”, disse soddisfatto. “Che succede? Sei bianca come un lenzuolo, ti senti bene?” Come poteva un uomo cosi premuroso essere un assassino? Gli sembrava impossibile ma doveva scoprire la verità, perciò disse in modo convincente: “So che hai ammazzato Lory e suo figlio e che il bimbo non era tuo”, guardò la sua reazione per studiarla. Paul si fece rosso in volto: “Cos’ hai detto?” “Ho detto quello che hai sentito, mi ha scritto tutto Lory su questa lettera”, ribadi Amy facendo sventolare i fogli e subito pentendosene perché, se Paul li avesse presi, li avrebbe di sicuro distrutti. “Tu stai farneticando, se l’ ho uccisa come ha fatto a scrivere dopo la sua morte”? Amy si rese conto della stupidaggine e azzardò: “ Non era ancora morta, era solo stordita e ha avuto il tempo di scrivere una lettera che ho trovato sotto al divano ma che ho potuto leggere solo ora”, Amy si rese conto che non aveva detto mai tante bugie tutte assieme. “Era morta, invece ne sono sicuro, ho controllato il battito e non c’era”, disse Paul. “Allora l hai uccisa tu! Come hai potuto”gli urlò contro Amy. “Se proprio vuoi sapere la verità io gli ho dato solo il colpo di grazia ma non sono l’unico colpevole”. “Ah no?” chiese ironica e piena di rabbia. “Anche Alfred è colpevole” le confidò. Vedendo la sue espressione stupita si affrettò a spiegare: “ Sicuramente saprai che avevo un debole per Lory.
 
Ero venuto da lei quella mattina perchè, nonostante i suoi continui rifiuti, speravo in un suo cedimento. Ho visto Alfred recarsi verso il garage e, stupito, lo seguii. Capii che stava andando da Lory perché non conosceva altre persone in quel palazzo, incuriosito decisi di saperne di piu e attesi. Uscì  quasi subito, ciò che mi insospettì fu lo strano travestimento con occhiali, baffi e parrucca come per celare la sua identità. Ero indeciso se seguirlo o meno, poi ho optato per andare da Lory ed è stata una fortuna. La sentivo tossire ma, nonostante bussassi con insistenza, non mi apriva e solo dopo capii. Si stava trascinando alla porta ma non ne aveva forza e respirava a fatica. Quando riuscii ad entrare la vidi agonizzante, chiesi cosa le fosse successo ma lei diceva solo ‘il mio bambino’ capii che era incinta e quando le chiesi se Alfred ne fosse il padre lei fece di si  con  la testa’. Amy scoppiò a piangere ma non lo interruppe e lui continuò : “Io ero lì per lei e lei incinta di un altro, non ci ho visto piu e l’ ho soffocata, è morta subito.
 
L’ ho posizionata sul divano e sono andato via”. L’ira di Amy scoppiò all’improvviso: “ Siete dei bastardi”, si lanciò su Paul dimenticandosi della caviglia ma il dolore la riportò alla realtà e si lasciò cadere sul letto. Sentì Paul legarle le mani dietro la schiena ma gli assestò un calcio e centrò il bersaglio perché lo sentì urlare. Scappò verso la porta ma era chiusa, con le mani legate non poteva aprirla, sentì un rumore all’esterno ed iniziò ad urlare. Sentì le voci sul pianerottolo,  capì di essersi salvata.
 
Lo trovarono ancora sul pavimento sul quale si era rannicchiato dal dolore, scattarono le manette e lui si lasciò arrestare senza opporre resistenza, chiese solo di essere visitato da un medico perché temeva per la sua virilità. Non accadde lo stesso per Alfred, infatti quando la polizia bussò al suo appartamento, aveva cercato di opporre resistenza asserendo che qualcuno voleva incastrarlo ma il biglietto, che ancora non aveva buttato e che stava nella 24 ore, lo incastrò, si lasciò cadere sul divano e allungò le braccia in segno di resa.
 

The end

 
Giovanna Viola alias @GViola16
 
 Immagine presa dal web
 

Condividi

Leave a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.