La fuga dei velluti verdi perché: il tavolo da ping-pong, simbolo di gioco impiantato su estati e adolescenze passate, diventa in Targhetta uno degli oggetti scelti per dare tangibilità e visione concreta di quella provincia che, prima di essere luogo, è tempo e rappresentanza di un modo di essere. Nonostante una pervasività nostalgica di critica e limite nei confronti di un vissuto comunque ineliminabile, c’è un ancoraggio voluto e una radice mai rinnegata nei versi di Targhetta, capacissimo di mostrare cosa può essere e fare la poesia senza bisogno di fingersi altro, senza dissimulazione, senza nascondimenti, perché ammettere è il primo passo per esistere, nei versi e al di là di loro.
Bisogna per forza stiparlo
a costo di rimetterci il collo, l’abbraccio
nostro attorno ai tavoli da ping-pong,
come a sforzare le caviglie e i polsi
sul linoleum dei sedicianni
spersi, i nostri fianchi più sfatti,
i sabati sera avversi, in mezzo
a questa fuga di velluti verdi?
Tutto quello che stringi
– non capisci? – lo perdi.