Pelle di luna

Mi alzo presto mentre lui dorme ancora.

Voglio preparagli un caffè e come per farmi compagnia, premo su “riproduzione casuale” dell’i-pod.

Gli Shinedown ripartono dal punto in cui io avevo messo in pausa.

There is no where else I’d rather be
I’m not about to compromise
Give you up to say goodbye
I’ve got you through the deep
I’ll keep you close to me

(Non esiste altro posto dove vorrei essere 
Non sono tipo da scendere a compromessi 
da rinunciare a te e dire addio 
ti guiderò nelle profondità 
E ti terrò vicino a me )

Questa musica mi stringe forte, mi dona energia oppure è tutto quello che ho addosso e indosso in questo momento che mi accarezza i sensi dell’anima.

Roteo per la cucina in balia delle onde di quelle emozioni che da anni non provo, come se fossi tornata in un’adolescenza che non ho troppo vissuto.

Scelgo la tazzina dal servizio bello, quello antico che ho preso dalla credenza di nonna e già immagino lui e quel suo sorriso dolce e triste allo stesso tempo.

Il nostro dormire insieme questa notte o meglio: svenire dal sonno assieme, perché trovarsi stretti in un ballo imbarazzato e poi ad occhi chiusi ieri sera, ha fatto scivolare le ore altrove, mentre tutto il resto si fermava, come se la musica lontana in quel locale più in là, portasse un sottofondo anche alle nostre chiacchiere, alle gote rosse nascoste dal buio della notte.

La punta calda delle orecchie, come una febbre di primavera, l’amore delle nuove scoperte.

E ora osservo l’abito fucsia poggiato distrattamente sul bordo della sedia, la sua camicia bianca caduta a terra, il colletto rigido che trattiene ancora le mie carezze.

Un sorriso velato e le palpebre che cascano a trattenere lacrime di gioia, dopo anni sensazioni che esplodono. Un rifugio le sue braccia, profumo di salsedine che rende frizzante anche l’aria più afosa.

Chi se lo ricordava questo modo di risplendere?

La polvere del caffè a sporcare il piano della cucina, l’acqua che scorre e innaffia le pareti della caldaia della piccola moka, il filtro pieno e non pressato, restano le azioni quotidiane di solito veloci, ma non questa mattina mentre premo di nuovo “play” per far ripartire questa canzone di cui mi sono innamorata.

Lui di là e tutto quello che non c’è stato, ma un bacio sulla punta del mento, uno tra le ciglia, uno sfiorarsi lento mentre la luna fischiava poco lontano, il suo colore bianco, un riflesso argenteo sulla mia pelle bianca, un candido pulsare sotto i suoi abbracci, lui che mi paragona a quell’astro delicato che cresce e cade dentro al cielo, che illumina e specchia la notte.

Il fornello acceso e l’attesa. Le sue mani in vita.

Un ballo lento e il respiro come sinfonia, lo stringersi in un abbraccio e poi il lasciarsi andare.

Trovarsi e perdersi perché anche alla nostra età non serve correre, non serve sciogliersi subito tra le lenzuola ma coccolarsi e aspettarsi, impregnarsi di tenerezza e sorridere.

Diventare un tutt’uno ancor prima di fondersi perché davvero non esiste altro posto in cui vorrei essere.

Il caffè che sale e lui che mi raggiunge. Un bacio tra spalla e collo. Tra tempo e infinito.

Un brivido all’apice della schiena e una risatina d’imbarazzo.

“La mia pelle di luna” baciato sulla linea della nuca mentre l’ultima nota ci fluttua attorno.

Il giorno è incominciato. Il nostro.

 

Debora Alberti per @tantipensieri
Immagine dal web

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