Ciò che resta

Il corridoio nella penombra, gli scuri accostati e il riverbero di un’estate ormai lontana.

Il vaso sul mobile all’ingresso, i suoi disegni a punta di china che accennano a simboli cinesi, dame abbozzate, un regalo di una vicina di casa che ormai non c’è più.

Un mazzo di rose fatte essiccare.

Lei ha sempre adorato i fiori, ma gli unici due mazzi che le erano stati regalati risalivano a parecchi anni prima, quelli che raccontavano sentimenti impulsivi, carichi di scoperte e spensieratezza. Uno sguardo veloce dopo una giornata lunga, le chiavi poggiate nella ciotola di vetro e le altre azioni automatiche: giacca sul divano, scarpe abbandonate vicino al mobile del salotto, piedi nudi sul parquet, mani sotto il getto di acqua fredda, viso immerso nell’asciugamano a fiori azzurri.

Ciò che resta.

Un mazzo di rose rosse fatte essiccare e ripensarci.

Lui era diverso. Arrivato in età più matura, incontrato per caso, si era fin da subito svelato un maestro della parola, un attento oratore.

Sì, era diverso. Indossava un abito elegante a nascondere invece un ammaestratore di bugie.

Ciò che resta, appoggiato ad un tavolo coperto di polvere, sono fogli ingialliti dall’umido delle lacrime versate per chi dava adito ai propri impieghi e copriva lucide voglie.

Ciò che resta.

L’amaro in bocca, come veleno.

Sapere di non essere stata vittima ma spettatrice, aver sbriciolato tra le dita rose che era meglio non aver mai ricevuto.

E poi quel mazzo ancora all’ingresso come simbolo di una scoperta, come una medaglia da tenere in vetrina da esibire davanti ad amici invidiosi. Un mazzo di rose rosse che hanno fermato il loro tempo, incastonate nello scuro dei momenti.

Ciò che resta di un addio. Di un silenzio che ancora rimbomba dentro.

Una solitudine che lei ha voluto colorare, andandosene, fuggendo, lasciando quel mondo che credeva perfetto oltre gli scuri della sua nuova casa, oltre i passi rumorosi sul pavé di una strada trafficata, dagli asfalti attraversati in tutta fretta mentre sulla testa pioveva grigio.

Ciò che resta e rimane come salsedine tra le pieghe dei teli mare ormai riposti nell’armadio, tra le cinghie dello zaino giallo e tre le serigrafie del costume da bagno mai indossato.

Un mazzo di rose rosse essiccate che il destino ha voluto far crollare, perché era tempo per loro di mettere fine ai ricordi, mentre quel lui lontano resta solo un pagliaccio dalla maschera sciolta e lei ha vinto di nuovo senza essere cascata in quei tranelli che le avrebbero ucciso la dignità.

 

Debora Alberti per @tantipensieri
Immagine dal web 

 

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