Alla porta uno sconosciuto

Bussano alla porta: è uno sconosciuto, avvolto in una mantella gocciolante. È vestito di nero, gli stivali messicani e lo Stetson denunciano la provenienza dal più profondo West, un viso duro e occhi di ghiaccio.

  • Hai mai pensato che i tuoi giorni potrebbero essere finiti?, chiede come fosse un predicatore.
  • Chi è lei? Come ha fatto a salire, dice l’ospite dell’albergo, toccandosi le parti intime.

Lo sconosciuto, senza chiedere il permesso, entra nella stanza e si guarda in giro; poi avanza verso la finestra e, scostando la tenda per gettare lo sguardo prima verso il cielo e poi in strada, proclama:

  • E’ veramente un posto modesto.
  • Lei chi è? Che cosa vuole da me?
  • Ah, non sai chi sono? Reciti bene, dice lo sconosciuto allargando la mantella e infilando i pollici nel cinturone.
  • Sei il marito di lei?
  • Ognuno di noi è probabilmente il marito di una lei.
  • Sei il marito di Pepita?
  • E chi cazzo è?, risponde lo sconosciuto.

Rinfrancato dalla risposta o meglio dalla domanda, decide che è meglio giocare la carta dell’equivoco.

  • Guardi che allora ha sbagliato stanza. Sto aspettando una persona.
  • Questa Pepita, sarà mai “Dirty” McLoad, quella che va in giro a derubare i polli come te insieme a quel farabutto dell’amante?, chiede lo sconosciuto mentre con un lancio perfetto fa atterrare la mantella sulla sedia. In pochi secondi sul pavimento si forma un piccolo lago. Si affaccia nella stanza da bagno, voltandosi di colpo visibilmente disgustato.
  • Fuori piove?, chiede l’ospite, asciugandosi dall’inattesa doccia.
  • Comunque potevi prendere una stanza con letto matrimoniale, già che c’eri…
  • Vada via, altrimenti sarò costretto a chiamare qualcuno!, starnazza l’uomo con voce spezzata.
  • La mezza cieca al bancone o lo zoppo del marito?, risponde l’altro, avvicinandosi al letto per saggiarne la consistenza.

Il cliente è nervoso, guarda l’orologio da taschino, sono le dieci di sera. Si avvicina alla finestra, la apre, un vento gelido lo investe, guarda verso il saloon, ne escono due uomini ubriachi.

  • Toglimi gli stivali, ho un mal di piedi che non immagini, ordina lo sconosciuto gettandosi di traverso sul letto e agitando la Colt.
  • Ha intenzione di rimanere qui per molto?, chiede l’altro, afferrando lo stivale che spunta da sotto il suo sedere.
  • Il tempo necessario. Ci volesse anche tutta la notte, ho una missione da compiere.

Le grandi manovre sono finite, gli stivali finemente lavorati giacciono sparsi per la stanza. Lo sconosciuto fa segno, muovendo la pistola, di radunarli e metterli ai piedi del letto, mentre un odore molesto si diffonde tutto intorno.

  • Hai pagato la stanza?
  • Certo, domani mattina ripartirò con la prima diligenza per Abilene, per proseguire il mio viaggio d’affari.
  • Allora dimmi, come mai perdi tempo con la prima che incontri, non hai paura che rubino i tuoi averi?
  • … come fa a sapere dei certificati?, mi ha seguito dalla miniera? Lo sapevo!, risponde sorpreso.
  • Che cosa hai capito? Io non seguo nessuno.
  • Allora lei non è qui per rapinarmi?
  • Sono qui per tutt’altro motivo.
  • E quale sarebbe?, chiede l’ospite.
  • Te lo dirò a tempo debito, lasciami riposare, ho cavalcato molto, dice inclinando lo Stetson sul viso e tenendo ben in vista la Colt.

L’uomo capiva sempre meno, quello non era un marito tradito, forse era solo un rapinatore, ma in tal caso sarebbe già morto, anche un rapinatore stanco non perde tempo a fare un pisolino prima di ammazzare la sua vittima.

  • Senta, cosa vuole da me? Me lo dica e la facciamo finita. Vuole i certificati? Sono nel doppiofondo della valigia, li prenda e se ne vada.
  • Non voglio i tuoi certificati, sono qui per altro.
  • E questo altro prevede che io mi faccia male?
  • Può darsi, se non fai come ti dico, lo deride lo sconosciuto sollevando il capello con la punta della pistola e fissandolo con uno sguardo glaciale.
  • Che devo fare? Ho moglie e figli, una bella casa e buona parte della vita davanti, chiede con le lacrime agli occhi.
  • Stasera mi sento buono. Prendi le tue cose, compresi i tuoi maledetti certificati, lascia una bella mancia di sotto e sparisci.

Non se lo fece ripetere, uscì senza dire nulla, divorò le scale e in un amen fu fuori dall’albergo.

Il mattino dopo, la discesa dello sconosciuto nella hall sottobraccio a “Dirty” McLoad, fu accolta con un fragoroso applauso dei convenuti.

  • Mister Smith, ho l’onore di donarle questo ricordo per la sua impresa. Centouno notti di seguito, sentenziò solenne l’uomo con i baffi, consegnandogli una targa.

Poi tutti si misero in posa per la foto, attendendo pazienti lo sbuffo della lampada al magnesio.

  • Grazie Mister Guinness, sono io a essere onorato, ma ormai anche stanco di fare la commedia ogni sera per dormire a spese altrui in un posto sempre diverso. Spero mi manderà la prima copia di questo strano libro che vuol pubblicare. Come si chiama? Guinness dei risultati, dei vincitori, ah, no, dei primati. Che poi non sono scimmie?

@Conte27513375 (Sthepezz) per @tantipensieri

Immagine dal web

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