Rosa rossa

I riflettori si abbassano, le luci si inchinano.
Lui, elegante figura filiforme in abito scuro. I polsini della camicia bianca spuntano dalle maniche della giacca. La cravatta allentata sul colletto inamidato oscilla e si appoggia sul retro della chitarra acustica. Le gambe piegate sul palo dello sgabello sostengono lo strumento, le mani passano tra le corde tese e danno inizio alla musica.
Lui socchiude gli occhi forse per entrare nell’atmosfera, forse per cercare l’equilibrio tra poesia e ritmo. Qualche accordo e la sua calda voce maschile si rivolge ad un’ipotetica donna, vaga chimera di tante immaginazioni:

Vorrei incontrarti fra cent’ anni

Le dice, quasi accarezzandone l’idea.

tu pensa al mondo fra cent’ anni

La invita a confondere i piani temporali, a divagare, a perdersi in un futuro imprevedibile.
Lui del domani non ha certezza, non sa cosa effettivamente potrebbe succedere se la incontrasse dopo un lungo secolo, ma promette:

ritroverò i tuoi occhi neri
tra milioni di occhi neri
saran belli più di ieri

Come se un soldato della Prima Guerra Mondiale avesse scritto una lettera innamorata alla sua fidanzata, rassicurandola: «non importa come, in che modo o a quali condizioni. Il tempo non esiste e ti rivedrò, e ti riconoscerò».
E sarebbe successo oggi.
La dedica personale, la privata garanzia sincera, diventa canzone. Il volume si alza, il ritmo incalza e prende il sopravvento.

Vorrei incontrarti fra cent’ anni

E rivela la passionalità riservata, rispettosamente inviolabile, affascinante e fragile, seducente ma intoccabile di lei

rosa rossa tra le mie mani

Lei che, intensa e bellissima, gli offre l’onore di stringerla, affidandosi alle sue braccia forti

dolce profumo nelle notti

Lei, che lascia traccia della sua essenza tra le lenzuola, il soffitto e le stelle

abbracciata al mio cuscino

Lei, che si accoccola al cuscino in mancanza di lui.
Lei che vale ogni alba.

starò sveglio per guardarti
nella luce del mattino

E lui che desidererebbe osservarla quando lei non se ne accorge, coglierla abbandonata alla stanchezza, accoglierla sola e farla sentire capita.

Ooh questo amore

Erompe esultante la sua voce: un richiamo al tema principale, al motivo di tanto sentimento nostalgico, che si sta incendiando di passione

più ci consuma
più ci avvicina
uoh questo amore
é un faro che brilla

Sperduti naviganti in mezzo al mare. Lui sa che non esiste tempesta che un faro non possa illuminare, non esiste perdizione che un cuore non possa anelare.
E non ci sarebbe motivo d’essere, se non ci fosse lei da amare.
La musica si sospende, le ultime parole rimangono nell’aria, speranzose.
Restano i violini a incuriosire l’attesa.
Dal buio della stanza silenziosi passi leggeri su tacchi alti. Un lungo vestito bianco ampio, vaporoso. Bramata apparizione, inconscio materializzato, impalpabile meraviglia decisa a farsi femminile realtà per cantare con lui.
Un duetto soltanto, rubato alla vita che forse li costringe distanti

Vorrei incontrarti fra cent’ anni

Riprende timidamente lei. Frase mappa, espressione condivisa, filo rosso del loro intimo inenarrabile racconto. E dopo aver raccolto le promesse di lui, anche lei dichiara di volersi armare.

combatterò dalla tua parte
perché tale è il mio amore
che per il tuo bene
sopporterei ogni male

Coraggiosa dama guerriera addestrata ad amare, ad affrontare impavida chiunque si dovesse opporre, determinata a proteggere a qualsiasi costo la gioia di lui e il loro piccolo, segreto mondo felice.
Lui, stupito da questa risposta, sprovvisto di razionalità, troppo coinvolto per riuscirsi a fermare, sempre più sicuro di ciò che prova, continua:

Vorrei incontrarti fra cent’ anni
come un gabbiano volerò
sarò felice in mezzo al vento
perché amo e sono amato
da te che non puoi cancellarmi
e cancellarti non posso

Considerando il loro legame come indissolubile, a lui spuntano maestose, le ali. Grandi e di significati profondi, sogni importanti, spartiti delicati, di inarginabile destino e tenere consacrazioni.
Gabbiano.
Per sorvolare le onde salate e il loro incessante rumoroso spumeggiare, per lasciarsi guidare dal faro della strofa precedente.
Lei, colta dalla voglia irrefrenabile di unirsi all’armonia di lui in un travolgente coro, intona:

(io voglio)
amarti voglio averti
e dirti quel che sento
abbandonare la mia anima
chiusa dentro nel tuo petto

È una richiesta di protezione, un’implacabile volontà di raggiungere la sua metà, di abitargli il cuore sentendosi capace di liberare la sua anima in lui. Si concede, si fida.
E poi, insieme, l’esultante tripudio:

Chiudi gli occhi dolcemente
e non ti preoccupare
entra nel mio cuore
e lasciati andare
Oh questo amore
più ci consuma
più ci avvicina
oh questo amore
é un faro che brilla
in mezzo alla tempesta
Oh
in mezzo alla tempesta
senza aver paura

E non ci sarà timore se lei sarà con lui.
E non ci sarà dubbio se lui sarà con lei.

Mai

La musica ripete l’inizio, la prima frase. Sembra ricominciare tutto nella stessa richiesta.

Vorrei incontrarti fra cent’ anni
tu pensa al mondo fra cent’ anni

E forse accadrà. Si tufferà nello sguardo di lei, si sentirà al suo posto, l’unico per lui.

ritroverò i tuoi occhi neri
tra milioni di occhi neri
saran belli più di

E parte in un bisbiglio, e si alza in un inno

Ieri

Trionfa.
Ci crede.
Il futuro è adesso, imminente.
Il domani gli donerà un’altra preziosa occasione per rintracciarla, per volerla e conquistarla.
Lei svanisce in un sospiro, ultimo petalo purpureo della rosa incantata.
Il buio assorbe le note conclusive.
Deflagrano scroscianti applausi.
Era la vittoria del Festival di Sanremo 1996.
È forse l’accorata colonna sonora di ogni gesto d’amore.

Buon San Valentino

@babyLux_93 per @tantipensieri

immagini e video dal web

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