L’amore per Totò

Era un pomeriggio, lo ricordo come fosse ieri, mia nonna mi venne incontro sul marciapiede dove giocavo con i miei amici. Lo sguardo grave, il passo nervoso, era sicuramente una brutta notizia.

“La radio ha detto che Totò è morto!”

Inizia più o meno così il mio rapporto con il Principe della risata, un genio assoluto che amo in ogni sua manifestazione (attore, sketch, poesie, apparizioni varie), che rivedo sempre con passione e ne godo come se fosse la prima volta. Ancora m’incanta vederlo ballare sulla tavola con i maccheroni che gli escono dalle tasche, rido come un pazzo quando vende la Fontana di Trevi con Nino Taranto (altro gigante che adoro) dall’improbabile accento fiorentino. E godo da morire quando tartassa l’onorevole Trombetta (la figlia maritata “in Bocca”) e gli getta i bagagli dal finestrino.

Poi neanche vi dico quante volte ho visto la famosa lettera: “Perché…dai dispiaceri che avreta perché… è aggettivo qualificativo, no?!“, non tralasciando il “Punto! Due punti!! Ma sì, fai vedere che abbondiamo. Abbondandis in abbondandum”.

Ma non voglio parlare dell’attore, servirebbero volumi e non sono qualificato. Non m’interessa neanche la diatriba che il popolo ha riconosciuto la sua grandezza prima dei critici.

Lui era un gigante e sapeva di esserlo.

Mi ha incuriosito una storia che ricordavo poco. Sicuramente era una grandissimo affabulatore, fascinoso e romantico, le donne gli piacevano molto, ha avuto lunghe storie e molti amori. Una mi ha colpito, quella con Liliana Castagnola.

Totò vide alcune sue fotografie in un provocante abito di scena, rimanendone colpito. La donna era all’epoca oggetto delle cronache mondane: fu espulsa dalla Francia con l’accusa di aver indotto due marinai al duello e un suo amante geloso si tolse la vita dopo averle sparato due colpi di pistola.

La donna giunse a Napoli nel dicembre 1929, scritturata dal Teatro Nuovo, e incuriosita dal veder recitare l’artista napoletano si presentò una sera a un suo spettacolo. Totò non si lasciò sfuggire l’occasione e le mandò un mazzo di rose accompagnato da un biglietto “E’ col profumo di queste rose che vi esprimo tutta la mia ammirazione”, al quale lei rispose con una lettera d’invito. 

Furono questi gli inizi di un’intensa, breve e tormentata storia d’amore. Sebbene fosse una donna fatale sia sul palcoscenico sia nella vita reale, la Castagnola aveva per Totò un sentimento sincero e passionale, cercando una relazione stabile e sicura.

Totò non sopportava l’idea che Liliana fosse corteggiata dagli ammiratori e questo lo portò a temere eventuali tradimenti, cosa che diede origine a continui litigi. La donna entrò in un profondo stato di depressione e la loro relazione si deteriorò. Liliana, accrescendo un senso di attaccamento morboso al suo uomo, pur di restargli accanto propose di farsi scritturare nella sua stessa compagnia; ma Totò, sentendosi oppresso dal comportamento della donna, fu più volte sull’orlo di lasciarla, fino a quando decise di accettare un contratto con la compagnia che lo avrebbe portato a Padova.

L’epilogo fu che Liliana, sentitasi abbandonata, si suicidò ingerendo un intero tubetto di sonniferi. Fu trovata morta nella sua stanza d’albergo, con al suo fianco una lettera d’addio a Totò:

« Antonio, 

Perché non sei voluto venire a salutarmi per l’ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano… Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno. Te l’ho giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E, ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù per la strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, è vero?… Addio. Lilia tua. »

(Trovo il testo, scritto in occasione dell’insano gesto, molto lucido, leggero ma profondo, senza alcuna traccia di rancore. Liliana era una donna profondamente innamorata) 

Totò ritrovò il corpo esanime della donna il mattino seguente e ne rimase sconvolto: il peso della responsabilità, il non aver capito l’intensità dei sentimenti di lei e i rimorsi lo accompagnarono per tutta la vita, tanto che decise di seppellirla nella cappella dei De Curtis a Napoli.

Decretò che, qualora avesse avuto una figlia, invece di battezzarla col nome della nonna paterna (secondo l’uso napoletano), le avrebbe dato il nome di Liliana, cosa che poi effettivamente fece con la figlia Liliana De Curtis.

Totò volle inoltre conservare un fazzoletto intriso di rimmel che raccolse la mattina del ritrovamento del corpo di Liliana, con il quale probabilmente ella si asciugò le lacrime in attesa della morte.

Per lei scrisse « È morta, se n’è ghiuta ‘n paraviso! / Pecchè nun porto ‘o llutto? Nun è cosa / rispongo ‘a gente e faccio ‘o pizzo a riso / ma dinto ‘o core è tutto n’ata cosa! »

Uno spaccato della vita del grande Totò; questo ci mostra, qualora ce ne fosse bisogno, la sua complessità e le sfaccettature di un animo capace di far ridere e piangere gli spettatori ma anche di nascondere dentro se stesso un mondo ferito e nobile che gelosamente preservava da sguardi indiscreti.

 (immagini e testo dalla rete)

 By Sthepezz @Conte27511375

per @tantipensieri

 

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