Lo sconosciuto

L’aria gelida gli penetrava nelle ossa facendolo rabbrividire, un sussulto e poi ancora un altro. Avrebbe dovuto trovarsi un altro nascondiglio per spiare la sua preda ma ormai non c’era più tempo, da lì a poco lei sarebbe apparsa come ogni mattina e avrebbe dovuto portare a termine il suo progetto. Un pò gli dispiaceva, aveva provato in vari modi ad avvinarsi a quella ragazza tanto giovane e così bella ma lei neanche si era accorto della sua presenza, non gli restava altra scelta che rapirla, cosi avrebbero potuto vivere insieme per sempre.

Da settimane studiava ogni suo spostamento per conoscerne le abitudini e gli orari. Aveva poco più di 20 anni, prendeva il treno ogni mattina alle 06.05 per andare all’università dove trascorreva l’intera giornata, tornava a casa per le 18.30 dove l’aspettava sua madre per cenare. Vivevano da sole, non aveva mai visto una figura maschile uscire da quella casa. Guardò l’orologio con impazienza, erano le 05.45, iniziò a scrutare, dalla fessura del suo nascondiglio, il luogo circostante alla ricerca della sua preda, un rivolo di bava fuoriusciva dalla sua bocca per l’eccitazione, lo asciugo’ con la mano che maldestramente passò sui pantaloni.

La stazione iniziava a riempirsi ma della ragazza neanche l’ombra. Si fecero le 06.00, vide il treno arrivare e ripartire senza la ragazza a bordo. Decise di uscire dal nascondiglio, non aveva senso restare lì, immagino’ fosse successo qualcosa, forse non stava bene o semplicemente aveva deciso di non seguire i corsi quella mattina e dedicarsi allo shopping. Non aveva senso preoccuparsi, sarebbe stato meglio verificare con i propri occhi. S’ incamminò verso casa della ragazza con passo veloce, i pensieri continuavano a tartassarlo, aumentò il passo e giunse a destinazione. La casa era immersa nel silenzio, sembrava vuota, fece finta di essere interessato a uno di quegli annunci affissi su un palo vicino casa, cosi da poter scrutare meglio la casa.

All’improvviso il cane iniziò ad abbaiare facendolo sussultare. D’istinto si allontano dal cancello e dal palo, il cuore inizio a martellargli in petto. “Trevor vieni qui”, sentì all’improvviso, sciogliendosi al suono di quella voce che conosceva cosi tanto bene. La guardò negli occhi, bellissima come sempre: i capelli lunghi e mossi erano legati, il viso senza un filo di trucco, abbigliamento casual. “Mi scusi, in genere è calmo”, disse accarezzando la testa dell’animale che subito iniziò a strusciarsi sulle gambe della padrona. Gli sorrise, credendo che quel sudore che gli imperlava la fronte fosse dovuto alla paura, non immaginava minimamente che invece ne era lei stessa la causa.

Era diventata la sua ossessione, aveva riempito i muri della sua stanza con le foto che le aveva fatto di nascosto e la sera immaginava di essere il suo compagno e di aver condiviso con lei parte della giornata appena trascorsa. Lui la guardava inebetito, come ipnotizzato. Lei gli sorrise ancora di più, lui iniziò ad avere caldo. “Si sente bene? Vuole un bicchiere d’acqua? Il cane l’ ha spaventata?” incalzò la ragazza con evidente preoccupazione. “Si grazie” rispose subito lui non volendo perdere quell’ occasione. La ragazzi schiaccio’ un bottone e subito dopo si aprì il cancello. “Siamo sicuri?”, chiese timidamente accennando al cane, prima di muoversi.

La giovane donna iniziò a ridere, “certo, in realtà è innocuo anche se, quando abbaia, sembra il contrario”. Lui si mosse lentamente come per verificare la veridicità di quelle affermazioni. Il cane continuò a strusciarsi contro la padrona, lui si senti più tranquillo e si mosse. Fu ospitato in veranda, dove c’erano due tazze sporche di caffe sul tavolino e una piccola brocca col latte. “Vuole un po di caffè? Oppure le prendo l’acqua, se preferisce” chiese educatamente al suo ospite inaspettato. “Preferisco il caffè, grazie”, rispose accomodandosi, “ma non vorrei disturbare” riferendosi alle due tazzine. “Nessun disturbo, siamo solo io e lei, mia madre è appena uscita”. Lui si portò la tazzina alle labbra. “Sa che mi sembra di conoscerla”? Il caffe per poco non gli andò di traverso. “Uhm, io non la conosco”. “Forse ci siamo intravisti in stazione”, continuò la ragazza che aveva crucciato la fronte per pensare. “Probabile, perché vado spesso a trovare mio zio fuori città quindi, se anche lei prende il treno, molto probabilmente ci siamo visti lì”, disse lui con volto inespressivo. “Si, io prendo il treno ogni mattina per andare all università”, sorrise.

“Sta meglio adesso?”, gli chiese.
“Dovrei andare in bagno, posso”? In realtà non aveva alcun bisogno fisiologico impellente ma gli serviva prender tempo, temeva il congedo e non poteva bruciare quell’occasione. “Certo venga, le mostro la strada”. In bagno lui cercò qualunque cosa potesse essergli utile perché di sicuro lei avrebbe urlato, serviva qualcosa per tappargli la bocca ma non vedeva nulla di utile. “Tutto ok”? chiese la ragazza, lui si rese conto che era passato un bel po di tempo quindi la domanda della fanciulla era legittima. Aprì la porta e se la ritrovò davanti. La fissò. “Io dovrei uscire, devo raggiungere mia madre, la accompagno”. Lui ne dedusse che aveva iniziato ad insospettirsi, anche il tono di voce era cambiato, il tremolio gli palesava che aveva paura. “Mi offre il bicchiere d’acqua di prima”? La ragazza impaziente si recò in cucina e gli porse il bicchiere. “Sono in ritardo, se non le dispiace”. “Dove devi andare?” le chiese senza il minimo accenno ad andarsene e passando al tu.

“Gliel ho detto, devo raggiungere mia madre”.
“Penso che dovrai rimandare l’appuntamento”, affermò con freddezza e guardandola dritta negli occhi.
“Cosa sta dicendo?”, la ragazza si pentì subito di averlo ospitato. Aveva peccato di ingenuità ma ormai era solo possibile limitare i danni. Cercò di parlare con voce calma ma quella che uscì dalla sua bocca sembrò stridula.
“Le ripeto che sono impegnata, la accompagno alla porta” , vedendo che lui non si mosse di 1 centimetro, si avvicinò al telefono posto sul mobile accanto al frigorifero. Con un salto repentino le fu addosso e le tolse la cornetta, con uno strappo sdradicò l’apparecchio.
“Cosa sta facendo? Lei è pazzo! Esca subito da casa mia!”
“Ho sdradicato il telefono per impedirti di chiamare, non sono pazzo e non me ne vado” rispose con calma come se il suo fosse un comportamento normale.
“Ascolti, non so chi sia lei e cosa voglia da noi, desidero solo che se ne vada, non dirò nulla”. Si mosse verso di lei e la abbracciò, senti il buon profumo dei suoi capelli, la pelle liscia al suo tatto. Lei subito iniziò a divincolarsi, provò anche ad urlare ma lui le aveva tappato la bocca con la mano uscì solo un lamento. “Stai calma e non ti succederà niente” le intimò cercando di bloccare il suo corpo, “ ora verrai con me e vivremo insieme per sempre, nessuno ci separerà”. Lo guardò impaurita spalancando gli occhi che iniziarono a lacrimare, la stava trascinando verso il portafinestra che dalla cucina portava sulla veranda ma il ringhio del cane, che da fuori aveva iniziato ad abbaiare alla vista di quella scena, lo bloccò. “Maledetto animale, dobbiamo andarcene prima che attiri l’attenzione disse. “Ora ti lascio libera ma non fare scherzi altrimenti finisce male e ti assicuro che non è quello che voglio, ti ho osservata e spiata per settimane e non viglio vederti morire tra le mie braccia ma dipende tutto da te, okay?” La ragazza acconsentì con la testa e lui allontanò la mano dalla sua bocca. “Ti prego” iniziò a dire ma lui si portò l’indice al naso per intimargli il silenzio.

“Da dove possiamo uscire senza che quella bestia ci insegua”?
“Tutte le uscite portano al giardino”, disse le tremante.
Lui iniziò a ridere. “Allora non vuoi proprio collaborare; ti ho vista alcune mattine uscire in macchina e non sei passata dall’esterno per entrare in garage quindi ne deduco che hai una porta interna, andiamo”.

Lei lo guidò rassegnata temendo che le chiedesse di prendere la macchina, proposta che infatti arrivò.

Lei si mise al posto di guida ma lui le fece segno di mettersi al lato passeggero. Invece di passare al sedile vicino, aprì la portiera facendola sbattere violentemente contro il suo aggressore che si piegò in due da dolore e iniziò ad imprecare. Lei ne approfittò per uscire dal lato passeggero e correre verso l’uscita ma lui la raggiunse e le diede un pugno in pieno volto. “ Non avrei mai voluto ma mi ci stai costringendo tu” le disse avvicinando il suo volto pieno di rabbia a quello della giovane che era imbrattato di sangue a causa del colpo ricevuto. Lei chiuse gli occhi andando incontro al suo destino, all’improvviso non sentì più il suo peso ma solo le sue urla. Cercò di aprire gli occhi ma riuscì solo con uno, l’altro le faceva troppo male. Trevor aveva aggredito quell’uomo sconosciuto, entrando dalla porta del garage che aveva un piccolo sportello in basso proprio per lasciarlo libero di entrare ed uscire quando voleva. Il suo Trevor aveva capito dove la stava portando e li aveva preceduti aspettando il momento propizio per l’attacco.

Si alzò a fatica e si avvicinò a quell’uomo che non riusciva più ad alzarsi perché Travor gli aveva morso la gamba in malo modo. Accarezzo’ il suo cane e disse all’uomo: “Il Trevor non è una bestia, fa parte della mia figlia, l’unica bestia che c’è in questa stanza sei solo tu”, girò le spalle e si diresse in casa per chiamare la polizia, seguita dal suo fedelissimo che scodinzolava

The end

Giovanna Viola alias @GViola16

immagini dal web

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