Alla deriva – Parte prima

“Alla deriva”, un’immagine che spesso passava per la sua mente, per i suoi occhi. Non si trattava di un pensiero tragico, anzi. Francesco la considerava una condizione romantica, piena di stimoli e soluzioni. Vagare senza conoscere il possibile approdo sembrava una possibilità che metteva tranquillità, un senso di pace, una vita normale, forse troppo, e delle scelte con cui confrontarsi, dove dirigere la propria vita? Quale sarebbe la sua prossima tappa? Aveva la sensazione di trovarsi a un giro di boa, nulla era scontato, anzi, non si poteva più sprecare tempo.

Proprio il tempo sembrava essere il punto centrale di ogni suo ragionamento, troppo poco? O forse ce n’era ancora tanto? Non pensava di averne sprecato molto, in fondo aveva raggiunto obiettivi importanti, tappe essenziali nella sua vita, sia personali, sia lavorativi eppure viaggiava sempre con accanto quel senso di incompiuto. Non riusciva a capire se erano le sue scelte oppure il senso della vita in sé a creargli quel senso di vuoto in cui sempre più spesso si affacciava.

Aveva cominciato a rovistare dentro di sé, senza sapere cosa cercare, dove cercare, persone e ricordi che affollavano la sua mente, passaggi di vita in cui senza averne consapevolezza si erano gettate decisioni future. 

Preferiva spesso rimanere in silenzio vedendo scorrere pensieri e immagini, rimanendo immobile a guardare la vita degli altri, per cercare un riflesso, un’immagine di se stesso.

Tutto era successo qualche anno prima, non ricordava neanche quando. 

Francesco sentiva sempre più impellente l’importanza di rivolgere la propria attenzione verso se stesso. Anche il rapporto con gli altri, l’esterno come spesso amava definirlo, si era svuotato di senso, di quel carico di aspettative che in passato aveva avuto. Come se gli altri potessero poco, come se nessuno oltre se stesso potesse conoscere le risposte alle sue domande.

Emma, sua moglie, era una donna pragmatica, formale, aveva smesso di guardare Francesco da tempo. Forse l’amava ancora ma di un amore diverso, di quelli che pensi ci siano sempre, a prescindere. Emma, a differenza di Francesco, non preferiva fermarsi, aveva scelto di non vedersi o semplicemente le bastava quello che sapeva, amava suo figlio più di se stessa, amava il suo lavoro e in fondo, forse amava anche la sua vita. È strano come molte volte le vite delle persone si sfiorino senza mai toccarsi realmente, come se il tempo scorresse diversamente e non ci si incontrasse mai.

Tra passato e presente Emma viveva concitatamente ogni fase della giornata, dava poco spazio alla riflessione, una scelta precisa la sua, preferiva così, le sembrava più giusto. Ogni due giorni andava a trovare Giovanni, suo padre, costretto per ragioni di età e per la sua demenza senile a stare presso una casa di riposo. Emma assolveva a questo suo compito con dedizione straordinaria, quasi che questo evento avesse creato una nuova possibilità alla sua vicenda esistenziale con il padre. Il suo rapporto con Giovanni, infatti, non era mai stato dei migliori, dopo tutta l’infanzia passata ad amarlo aveva scoperto tutti i limiti dell’uomo, non era come avrebbe voluto, non sopportava il suo carattere debole e privo di personalità.

Giovanni era un uomo semplice, privo di cultura, questo infastidiva Emma, la poneva in un ottica giudicante. La malattia le aveva restituito quel padre che ricordava dall’infanzia, non lo giudicava più, voleva solo proteggerlo, accudirlo, ringraziarlo per un’infanzia passata in modo spensierato, senza nessuna afflizione. Francesco aveva sempre ammirato questo senso di gratitudine che Emma dimostrava nei confronti di suo padre, rifletteva spesso su questo aspetto, su come molte persone riescano a dimenticare tutto, ogni cosa. Quasi che il tempo ricevuto fosse dovuto, senza dare valore a chi ha dato tanto solo per vederci sorridere, per vederci felici. Non era chiara la ragione di questa improvvisa rimozione, ogni volta che Francesco andava a trovare Giovanni rimaneva ore ad osservare quelli che un tempo erano persone piene di vita e aspettative, involucri svuotati camminavano ora privi di importanza, privi di attenzione. Riposti in un luogo senza anima ad aspettare la morte.

Queste persone avevano smesso ogni loro funzione di utilità, come se non potessero dare più niente, i parenti avevano solo fretta di liberarsene cercando di non sentirsi troppo in colpa. Francesco pensava che nella migliore delle ipotesi, se non fosse morto prima, questa sarebbe stata la sua fine, riposto come un ferro vecchio da qualche parte.

to be continued

@Freud2912

Immagini dal web

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