Il pendolarismo emotivo

Molti di noi per tanti motivi, probabilmente tutti diversi, si sono dovuti trasferire dalla propria città natia in altre città. Questo è capitato anche a me, circa 18 anni fa.

Vi racconto la mia esperienza nella convinzione che possiate trovare nelle mie parole conforto, risposte oppure nuove domande.

Eh già, non è facile, vero? Questa la mia prima riflessione: non è facile lasciare i propri cari, amici e parenti, luoghi ed abitudini e trasferirsi sapendo, consciamente o inconsciamente, che quel distacco vi costerà caro.

A me è accaduto a 27 anni. Da un lato è stata la necessità di lavorare e dall’altro la conoscenza di quello che poi sarebbe diventato mio marito. In quel periodo già lavoravo abbastanza lontano da casa, peraltro senza sentirmi particolarmente appagata, e quindi ho pensato “proviamo a dare una svolta”, e svolta fu.

Il mio trasferimento è avvenuto da una bellissima cittadina di provincia ad una grande città, circa 200 km separano una dall’altra, si percorrono in due ore di macchina o di treno ma, ogni anno che passa, mi sembrano sempre più lontane.

Lontano è il mio vecchio mondo protetto e confortable , lontani i miei affetti, lontani i miei sogni. Eh si, perché la svolta è stata inizialmente enorme: entro a lavorare in una grossissima Azienda in un periodo florido. Nessuno avrebbe mai pensato che nel giro di 10 anni il mondo del lavoro sarebbe stato difficile anche in Aziende così grandi. La svolta è pesante anche nel mio privato: passare da figlia unica a figlia della grande città che tanto mi dà, ma tanto mi toglie. Mi dà opportunità, nuove amicizie, un marito e una carriera. Mi toglie o meglio mi manca, l’insostituibile affetto dei genitori e degli amici di sempre.

Nel tempo ho compreso quanto sia stato difficile abituarmi alla nuova città. Questo poiché, man mano che vivi dentro una realtà non tua, l’istinto primordiale di sopravvivenza ti aiuta mentre poi, ad un certo punto, perdi l’istinto e razionalizzi ciò che sta accadendo, ti assalgono mille domande e tutte senza risposta “chiusa”, tipo si o no. Tante domande senza altrettante risposte. Tante domande che, se non fatte al momento opportuno, arrivano puntuali come un orologio, ad ogni momento di sconforto.

Sono passati quasi vent’anni dal mio trasferimento da Modena a Milano ed oggi più che mai sento il peso di questa scelta, fatta in giovane età, forse senza troppa consapevolezza delle conseguenze.

In una città come Milano queste sono situazioni che incontro spesso. La maggior parte della città è fatta da gente come me, io li chiamo i pendolari emotivi, gente a cui Milano ha dato tutto e che non ha rimorsi, tranne quello di soffrire come un cane ogni volta che saluta i suoi cari e torna a casa. La sua nuova casa.

Appena posso corro nella mia piccola città ed ogni volta lascio lì un pezzettino di cuore, quello stesso pezzo di me lo trovo negli occhi dei mie genitori e della mia cagnolina.

Non ho soluzioni, non torno indietro, non faccio progetti, vivo giorno per giorno ma, so da sempre, che non mi abituerò mai a questo distacco, a questo pendolarismo emotivo.

Buon anno e … buon pendolarismo emotivo

Arianna Capodiferro

alias @arica72

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