Sorprendersi/2

 

Già, sorprendersi. Vi dicevo che bisogna anche raccontarlo. Ascoltate questa storia…

Non si erano più sentiti, né visti, da circa ventisette anni, dall’ultimo giorno dell’esame di maturità commerciale, al termine del quale, stanchi e sfibrati, ci si era salutati con un fugace “buone vacanze, ragà, finalmente…!”.

Era un torrido giorno di luglio, anno 1983. La vita di Giorgio e Chiara si era rannicchiata, poi, in rispettive diverse direzioni universitarie e personali.

Lei, tra Roma-Sapienza, il suo paesello e il suo amore. Matrimonio con prole, dopo pochi anni; separazione con divorzio finale, dopo pochi altri anni.

Lui, tra Napoli-Federico II e il suo nuovo paese, lontano. Poi, a seguire, libera professione, matrimonio, figli.

La prima sorpresa che si erano visti piombata addosso, era stata il non (volere) incontrarsi più. A causa dei diversi destini? Dell’aver trovato dimore diverse? Sapete, tra i due c’era stata, qualche anno prima, una cotta adolescenziale non corrisposta. Lui se n’era invaghito, di lei, appena uscita da una crisi sentimentale ma ancora innamorata però dell’altro (quello che poi avrebbe sposato). Troppo ingenuamente rassegnato di fronte alla delusione del “niet”, s’era ritirato in buon ordine, come un orso ferito e spaventato. Probabilmente, però, poteva essere solo questione di perseveranza da parte sua, cucciolo timidone, ancora tenero nella sua introversione, rivestita di un’audacia ancora acerba. Lei, si sa, donna sentimentalmente più matura, sebbene coetanea, se lo sarebbe aspettato, lei, un rilancio più vero e convinto dall’amico, cazzone rassegnatosi un po’ troppo sbrigativamente. Erano poi rimasti solo compagni di classe, anche se un (apparente) freddo reciproco li aveva assaliti.

Erano passati gli anni, successioni di primavere e autunni, estati e inverni, i loro. Parlo delle emozioni dei ricordi che, di tanto in tanto, tornavano a pulsare nelle loro teste, nei loro cuori, nelle loro pance. Ormai, ricordi di gioventù, era andata così. Purtroppo.

Ma i cassetti dei sogni di lui (e, vi dico, anche di lei), rimasti chiusi per così tanti anni, erano destinati a riaprirsi dopo essere loro entrati, così, per curiosità, nel malandrino universo Facebook. Che fece sbucare la chiave per riaprirli, per andare ognuno a rovistare tra le carte e le foto, un po’ polverose, di quei benedetti anni della loro andata (?) gioventù.

Una rimpatriata, poi, una cena tra tutti gli amici di quel V^ Ragioneria 1982-83. Tra loro due, l’emozione di un ritrovato sguardo, di un messaggio rapido di occhi lucidi, il desiderio pronto di un abbraccio, questa volta pieno di sorprendente passione. Con in sé la volontà silente, di rimanere, di starsi dentro davvero, stavolta. Di non scapparsi. E di non salutarsi più con uno svogliato “Ciao, alla prossima..”.

La sorpresa, sì, giunta felpata ma violenta, nelle loro vite. Di nuovo. La voglia di rivedersi, poi, da soli.

Di sorprendersi, ancora. Quasi, a volerlo fare per recuperare quei maledetti ventisette anni di assenza apparente. E scoprirsi sorprendere sé stessi, ora. Con una mente diversa.

Di lì a pochi altri giorni, di nuovo autostrada e centoventi chilometri percorsi in un’ora e dieci minuti. Pazzo lui, ma anche lei ad aspettarselo così. Per ritrovarsi davanti a un aperitivo, a raccontarsi ancora, a sorprendersi, diversi. Non già da cinquantenni o quasi, ma da riscoperti adolescenti, pronti a dirsi le loro vite, con gli occhi pieni di sentimento.

A seguire, poi, serie di telefonate, mail, sms, altri incontri rubati alle loro rispettive vite. Un’amicizia (solo un’amicizia) ritrovata ma decisa. E destinata a rimanere, stavolta. E a farli sorprendere ancora, fino ad oggi. E ancora…

“Averti ritrovato è stata una delle cose più belle che mi siano capitate negli ultimi anni.”

Il senno di poi del sorprendersi. Anche dopo ventisette anni.

Beniamino D’Auria 

alias @_Belcor_

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