Due chiacchere con il Bianconiglio

 

Oggi non ho tempo di scrivervi qualcosa, mi sento come il Bianconiglio, con impuntato sul doppiopetto, un orologio a cipolla. Devo scappare, devo correre… a meno che lui (il tempo) non si fermi per un istante: come quando la tua amata arriva al primo appuntamento, come quando ti ha baciato per la prima volta, come quando hai guardato la prima volta tuo figlio, negli occhi, quando è nato o quando qualcuno importante, di caro, se n’è andato per sempre.

Il tempo è così; frena ed impenna a seconda del nostro percepire.

E se tutti gli orologi fossero una bugia? Se quel continuo tic tac avesse un valore solo ipoteticamente sicuro? E’ incomprensibile il come questa variabile del percepire, rispetto all’essere, sia una forbice molto aperta.

Da che so io, poi il tempo non accetta preghiere; ormai mille volte gli ho chiesto di fermarsi, di far durare quell’emozione per sempre. Quell’istante. Ma lui nulla, interviene solo quando sa che quella cosa ti deve per forza rimanere dentro. Forse è dotato di un’intelligenza superiore oppure, siamo noi, che in realtà possiamo, per assurdo, piegarlo al nostro sentire.

Saremmo immortali vivendo solo attimi eterni.

Ho una teoria evanescente e so come usarla! Datemi il tempo di spiegare:

Togliamo la certezza al tempo e concentriamoci sul suo scorrere. Portiamo attenzione a come noi ci interfacciamo con lui, dunque poniamoci delle domande: quando si ferma creando meraviglia? Quando va velocissimo? Quando è pesante e rallenta?

Si ferma creando meraviglia quando: perdi contatto con tutto l’insieme del mondo, ma sei rapito da un dettaglio, quando sei sommerso dalle sensazioni, dalle emozioni, quando non senti più nulla e c’è solo totale immersione in un piccolo frammento della vita. Insomma uno stato d’animo… e se lo allenassimo questo stato d’animo, rimanendo più possibile sintonizzati sul come si sta quando accade, impareremmo, forse, con il tempo a fermare il tempo?(ci provo tutte le mattine prima di alzarmi, ma ancora niente… non demordo però!)

Va velocissimo quando: quando non ci pensi, quando hai altro da fare, quando sei in un flusso di attenzione leggera, impegnato nelle attività del mondo. A Milano si dice: quando sei ciapato. Ore che sembrano quarti d’ora, ti giri verso l’orologio e sono le due, ti rigiri appena puoi e son le quattro; allora l’orogio bara o forse bariamo noi. Se fossimo costantemente presi, non esiterebbe più il tempo scandito, tutto sarebbe un divenire fluendo, solo costante presenza.

Ed infine valutiamo quando è pesante, non passa più e va con il freno a mano inserito. Accade quando siamo in agitazione, quando lo vogliamo controllare, quando ne vogliamo abusare o ne facciamo un uso sbagliato, nella tristezza, nell’insonnia, persi tra i lembi stretti della noia, soli in mezzo a mille tutti ripiegati verso l’interno. Ecco qui il nostro protagonista tira il freno a mano e ci dice: rifletti, perchè non stai fluendo? Cosa non va?

Il tempo ci insegna a vivere e noi, potremmo imparare ad essere sempre diversamente in tempo.

Lo so che sembra scritto da un folle, si forse si, ma per scoprire novità; una mente ardente, sa che bisogna porsi domande sulle cose certe. Solo così capiremo l’incerto.

Avete visto! Ho fatto giusto in tempo a dirvi due cosine, che ha ripreso a ticchettare veloce. Devo scappare, devo correre… a presto.

(probabilmente ora dovreste sentire il rumore delle zampe che saltellando si allontanano leste e vedere un grosso coso bianco in doppiopetto, che scompare nella foresta, dritto verso una piccola porticina)

@ilPhirlosofo

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