Il clochard

Ne avrà passate tante, ne avrà viste e sentite ancora di più.  Ora i suoi occhi stanchi non brillano più di quella luce vogliosa di vita.

Eppure c’è stato un tempo in cui faceva parte di questa società, aveva degli affetti,  una casa,  un lavoro. Insomma,  conduceva quella che per tutti è considerata un’esistenza normale. Un tempo,  molto tempo fa.

Ora, come ormai succede da molto tempo,  mangia alla mensa dei poveri, la notte se non fa in tempo ad accaparrarsi un posto su una delle brandine del dormitorio pubblico cerca l’androne di qualche vecchio palazzo,  si accoccola su se stesso coperto alla ben e meglio e dorme sul pavimento.

Passa le sue giornate nel parcheggio di un supermercato, si rifiuta categoricamente di chiedere l’elemosina. A modo suo lavora o meglio, come preferisce dire lui, “offre un servizio”:  svuota i carrelli della spesa sistemando accuratamente le buste nei portabagagli delle auto di vecchie signore, poi rimette a posto il carrello.  La sua tariffa è la monetina che si usa per sganciare i carrelli.

Ogni tanto arriva nel parcheggio una volante della polizia, lui si avvicina, scambia due parole con gli agenti,  lo lasciano fare.

Cerca di mantenersi pulito e in uno stato dignitoso per quanto la sua situazione possa permettere.

Nel quartiere è un volto noto, tutti sanno chi è, ed è benvoluto perché fondamentalmente non crea problemi a nessuno, è educato.

Parla poco lui, saluta e ringrazia.

Vorrei fermarmi a scambiare due parole con lui ogni tanto, non so perché ma ho la sensazione che sia una persona interessante.  Avrei voglia di sapere la verità: chi era prima di essere quello che è adesso,  cosa faceva,  dove viveva.  Le voci sul suo conto sono discordanti: ho sentito dire che aveva un’attività tutta sua,  con una decina di dipendenti. Altri invece dicono fosse un professore che ad un certo punto sia caduto in depressione per un non meglio specificato motivo e che abbia mollato tutto. Fatto sta che adesso è un clochard che si arrabatta come meglio può.

Magari un giorno, con la scusa di lasciargli rimettere a posto un carrello, gli parlerò e lo inviterò a prendere un caffè al bar qui di fronte. Magari scoprirò che non è niente di ciò che gli altri ipotizzano,  magari avrò la certezza che la mia sensazione su di lui è sempre stata giusta.

@2FIRSTLINE

 

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One comment on “Il clochard

  • Gimbo67 , Direct link to comment

    Ciao Debora, ti confermo che la cancellazione del profilo è stata una sua volontà. Ha voluto uscire in punta di piedi, come sempre ha fatto, senza far rumore, proprio come una farfallina, per lasciare a voi e a tutti noi il suo ricordo.

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