Vorrei dirti

Ciao,

non potrei iniziare con altra parola se non questa, con la quale ci salutavamo ogni volta che litigavamo, quando provavamo a scimmiottare toni duri e seri, con le labbra serrate ed i denti stretti ma gli sguardi che, intrecciandosi, già ridevano, sapendo che da lì a poco ci saremmo sciolti l’uno nell’altro.

È un po’ di tempo che cerco i tuoi occhi e non li trovo, guardano altrove ed i tuoi “ciao” non sono l’uscio socchiuso, che mi invita ad entrare dopo una tempesta bensì la porta che si richiude alle mie spalle, mentre mi sussurri “è meglio se ora vai”. Ma io sono come pietrificato, immobile davanti a quella parete fredda, che prima tanto pulsava e bruciava; ogni gesto è lento e pesante, i piedi non rispondono allo stimolo, perché io non me ne voglio andare.

Ti cerco nelle striature del legno, nere e lucide come i tuoi capelli, nel pomello dorato come la tua pelle abbronzata d’estate, nelle crepe dell’intonaco, che corrono e si infittiscono come le lacrime scese sul tuo volto, quando a sbatterti la porta in faccia sono stato io.

Vorrei poterti dire che è stato solo uno sbaglio, che la doppia mandata, con la quale ti avevo vietato l’accesso al mio cuore, era un modo per scappare, fuggire dall’amore, così intenso da avermi fatto perdere il controllo, che mi ha reso debole e vulnerabile.

Pensavo mi avessi tolto tutto, privato della mia forza e della mia indipendenza perché eri riuscita a penetrare la barriera che mi ero costruito e a rendermi così esposto, così nudo come non lo sono stato mai, indifeso contro questo mondo feroce.

Ho avuto paura di tutto questo, così ti ho chiesto di prendere le tue cose ed andare via, alzando la voce e sbattendo i pugni, per dimostrarti che ero forte, che sapevo bastarmi; il più grave errore della mia vita.

Mi avevi reso vulnerabile perché io te lo avevo permesso, perché con te potevo permettermi di essere debole e, nonostante tutto, sentirmi sicuro. Mi tenevi così stretto al tuo cuore che, a volte, mi sentivo soffocare ma sei tu che mi hai donato la libertà, la libertà di amare e di essere, che mi era possibile solo con te. Mi convincevo di averti dato tutto e di aver perso tutto per te, quando la mia più grande ricchezza eri proprio tu. Eri la mia ancora, il mio appiglio in questo mondo infame e non perché fossi la tua ombra bensì mi permettevi di camminare al tuo fianco ed, intrecciando le mie dita nelle tue, io ero Io, forte, libero, sicuro, felice.

Ed ora che non ci sei, ogni cosa ha perso importanza, non c’è più la tua bellezza ad irradiare il mio mondo e la colpa di non aver fatto entrare il sole è mia. Ho preferito rimanere nascosto, al freddo ed al buio, forzando i nostri cuori ad un allontanamento che, in realtà, non ho mai voluto.

Solo tempo, avevo bisogno di tempo, rimettere insieme i miei pezzi perché si sa, il tempo cura ogni cosa e, se ciò ha significato confermarmi che sei tu dove sto bene, il tempo, per renderti felice, ti ha portato via da me, che ti ho fatto soffrire così tanto.

Solo adesso mi rendo conto del mostro in cui mi ero trasformato, del male gratuito che ti ho fatto; ho lasciato che tutto il resto mi travolgesse, ho congelato il mio cuore, ho messo in stand-by i sentimenti e mi sono perso nelle intricate ed ingannevoli trame della mente, perdendo il senso di ogni cosa.

Ogni cellula del mio corpo prega per il tuo perdono ma tu sei ormai troppo lontana per sentirmi. Sei andata via, amore mio, prima che il tuo cuore fosse fatto a pezzi e lo hai messo nelle mani di chi ti ha accolto nella sofferenza, nel male che io ti ho inflitto. Ed io, dietro questa porta, piango lacrime mute, vorrei sbattere i pugni e supplicarti di lasciarmi entrare, di permettermi di curare le tue ferite ma non posso far altro che rispettare le tue scelte ed accettare che la tua felicità sia lontana da me.

Una delle diaboliche voci che mi abitano mi ripete che non tornerai, che ti ho perso per sempre, perché le cose belle capitano una volta sola ed ogni attimo di pura gioia è effimero ma questa volta ho deciso di seguire il cuore, farmi guidare da questo incessante Amore, sperando che le ferite che ti ho inferto non siano indelebili e che, un giorno, riuscirai a fidarti e riporrai il tuo cuore nelle mie mani, dove si incastra con perfetta maestria.

Non ho paura di lottare, non ho paura di soffrire, perché nessuna guerra è persa in nome dell’amore e non c’è vita per me se non ci sei tu al centro. Perciò mi pianto qui, sul pianerottolo, davanti la tua porta gelida; mi accuccio in un angolo ed ascolto il tuo respiro attraverso la parete, le tue risate, i “ti amo” indirizzati ad un altro destinatario.

Resto qui, perché mi basta esserti vicino per continuare a respirare e, pazientemente, aspetto, sogno il giorno in cui girerai la chiave, mi concederai il solito spiraglio e splenderemo di nuovo come un’unica luce.

Tra un giorno o tra tutta la vita, se avrai voglia di cercarmi, apri la porta, amore mio, mi trovi nelle pieghe del tuo cuore.

 

ivanzena976

Foto dal web

 

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